A short text dedicated to my sketchbooks in the exhibition “Caleidoscopica” in Reggio Emilia in 2021.
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I always carry a notebook with me—not too small and not too large—that allows me to jot down a thought, trace the outline of a cup on a coffee table, and draw four lines within which to develop a project. The cover of the notebook is often black, on which I put a sticker or leave a trace so that I can distinguish one from the other. Between the pages you can find excerpts of telephone conversations, portraits of people I have never met, shopping lists, hands holding objects, mathematical calculations without any solution as well as empty sugar packets that create thickness and impact the smoothness of the strokes. The notebook is the space within which things happen; it is the work table where abstract thought meets its rough form for the first time, an almost sacred shelter illuminated by a fluorescent pink highlighter.
Porto con me un quaderno non troppo piccolo e non troppo grande che mi consenta di appuntare un pensiero, tracciare il profilo di una tazzina sul tavolino di un bar, disegnare quattro linee all’interno delle quali sviluppare un progetto. Spesso la copertina del quaderno è nera, sulla quale attacco un adesivo o lascio una traccia per poterli distinguere l’uno dall’altro. Tra le pagine si accumulano stralci di conversazioni telefoniche, ritratti di persone mai conosciute, liste della spesa, mani che reggono oggetti, calcoli matematici senza soluzione e bustine di zucchero vuote che creano spessore e disturbano la fludità del tratto. Il quaderno è lo spazio all’interno del quale succedono le cose, è il tavolo di lavoro, dove il pensiero astratto incontra per la prima volta la sua forma imprecisa, un rifugio quasi sacro illuminato da un evidenziatore rosa fluorescente.